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COSTRUIRE UNIVERSI: conversazione con Cecilia Randall sul Fantasy italiano

cecilia randall

di Alessia Lamanna, allieva del master “Il lavoro editoriale” 2025


Nel panorama editoriale italiano contemporaneo, il genere fantasy appare dominato da autori internazionali, i cui nomi occupano stabilmente gli scaffali delle librerie. A fronte di questa predominanza straniera, i libri di autori e autrici italiane faticano a emergere e a trovare il giusto riconoscimento. Nonostante il crescente interesse da parte di un pubblico di lettori e lettrici appassionato al genere.

Ne abbiamo parlato con la scrittrice Cecilia Randall, autrice della celebre saga di Hyperversum, in cui un videogioco si trasforma in realtà e catapulta i protagonisti nel vero e crudo Medioevo. Con uno stile che fonde immaginazione e precisione storica, Cecilia Randall è diventata una figura di riferimento nel fantasy italiano. In questa intervista ci racconta il suo percorso, i suoi romanzi e il suo amore per un una scrittura che affonda le radici nell’immaginario, ma che trova sempre più aderenza alla realtà.

Nel 2006 ha esordito con “Hyperversum” (edito da Giunti), il primo volume della trilogia che ha superato le 200.000 copie vendute. Oggi è complicato per un esordiente farsi notare da un grande marchio, lei ha riscontrato delle difficoltà?

Oggi il mondo dell’editoria italiana è molto cambiato. Inviai il manoscritto tramite posta – all’epoca rispondevano ancora – la prima volta a Giunti ma lo rifiutò perché non pubblicavano Fantasy per giovani adulti. Comunque ne rimasi contenta, perché lo avevano letto. Allegarono anche una scheda di valutazione, che conservo ancora oggi. Anche Salani lo rifiutò, Mondadori mi rispose che aveva passato la prima fase, poi più nulla. Lo inviai per provare, per ricevere un giudizio e capire se valesse qualcosa. Non ci credevo, non ho mai pensato di fare la scrittrice. Poi arrivò la grande ondata del Fantasy Young Adult, e Giunti inaugurò una collana apposita. Fui contattata dall’editor che disse: “Lo pubblichiamo!”

La scelta di utilizzare uno pseudonimo internazionale (il suo vero cognome è Randazzo) e di omettere la sua biografia nei risvolti della prima edizione del libro è stata una decisione voluta o una scelta editoriale per rendere il testo più vendibile?

Fu un concorso di scelte. L’editore mi propose lo pseudonimo per ragioni di mercato: rendeva più misteriosa la mia figura di autrice. A me non piaceva l’idea di stare sotto i riflettori e in questo modo ho avuto la possibilità di tenere separata la mia vita privata da quella di scrittrice. Con l’avvento di Internet, lo pseudonimo è durato poco.

Ha dichiarato che “Hyperversum Next” lo aveva già scritto dopo il primo volume della saga. Cosa l’ha spinta dopo dieci anni a farlo uscire dal cassetto?

Per me Hyperversum finiva lì. Tuttavia, ispirandomi a I tre moschettieri di Dumas, scrissi i vent’anni dopo; andai anche oltre, immaginandomi la generazione successiva e quella successiva ancora. Avendo una grande passione per il disegno, mi ero abbozzata tutti i miei personaggi: i figli, i nipoti e i pronipoti. Hyperversum era uscito a dicembre del 2006. A marzo del 2007 incontrai la mia editor al Bologna Children’s Book Fair, mi comunicò che il libro stava andando bene e voleva il secondo, le risposi “ce l’ho, ho i vent’anni dopo”, ma lei voleva il giorno dopo.  E così a novembre del 2007 uscì Il falco e il leone. A marzo del 2008, sempre a Bologna, l’editor mi chiese il terzo volume e io – sembra una pantomima – dissi che avevo i vent’anni dopo, ma lei rivoleva il giorno dopo: così nacque Il cavaliere del tempo. Ormai erano quattro anni che vivevo dentro quel mondo e avevo voglia di cambiare. Tra le varie uscite che sono seguite, siamo arrivati al decennale e a quel punto mi hanno detto “ricordo che avevi i vent’anni dopo, lo pubblichiamo a condizione che diventino tre”. Così è nata la seconda trilogia: Next, Ultimate e Unknow

L’anno scorso ha pubblicato “Arhos” e a breve uscirà il seguito. Rispetto agli altri romanzi in cui vengono rappresentate delle realtà concrete, qui ha inventato un mondo completamente nuovo. È  stato difficile creare un universo da zero?

Mi sono divertita. Mi piace il lavoro del worldbuilding. Purtroppo molte volte da lettrice mi imbatto in worldbuilding che sono approssimati, e credo che per un autore o un’autrice di Fantasy sia un grandissimo errore: il mondo è uno dei personaggi principali della storia. Mi sento dire troppo spesso che con il Fantasy si può inventare quello che si vuole, la mia risposta è: nemmeno per sogno! È vero che puoi inventare delle cose, però devono essere plausibili e coerenti. L’unico modo per farlo è documentarsi e fare tanta ricerca, perché il Fantasy te lo immagini sulla base di qualcosa che hai già visto o sentito, che viene rielaborato, ma senza cadere nell’eccesso opposto, non stiamo facendo un saggio storico.

Durante un’intervista al  Lucca Comics del 2024, ha affermato che si era un po’ stancata del Medioevo. Questo significa che non torneremo mai più in quell’epoca con i suoi libri? Ci sarà un nuovo “Hyperversum”?

Assolutamente no, mi sono solo presa una vacanza virtuale in giro per altri mondi esistenti o immaginari. Per quanto riguarda Hyperversum diventa difficile, perché la storia è conclusa. Ha avuto un buon finale. Secondo me quando i personaggi non hanno più niente di nuovo da raccontare, è giusto lasciarli e passare a qualcos’altro.

Il fantasy è un genere apprezzatissimo in tutto il mondo, però in Italia sembra essere considerato genere di “serie B”. Esiste veramente questo pregiudizio?

Purtroppo mi tocca dire di sì, anche se spero che piano piano riusciremo a cambiare questa situazione. Ci vorrà tempo e impegno continuo, sia da parte di chi scrive sia di chi pubblica.

Oggi è esploso il fenomeno del “Romantasy”. È giusto approfittare della moda di un genere per pubblicare un libro?

Per ogni genere o moda che arriva sulla carta e viene pubblicato, ho un solo metro: se è scritto bene non c’è niente che mi possa fermare dal leggerlo e apprezzarlo. Le case editrici  devono guadagnare e dare al pubblico quello che il pubblico chiede. Un autore può approfittare del momento se ha veramente qualcosa da dire, se gli è venuta l’idea giusta nel momento giusto. A volte è capitato di vedere degli epigoni che hanno fatto un lavoro migliore di chi ha iniziato il trend. Ben venga perché ci dà dei libri migliori.

Cosa la affascina del mondo della scrittura fantasy?

Quando scrivo io voglio vivere delle vite diverse dalla mia, delle avventure che io non avrò mai: è questo il bello del Fantasy. È affascinante vedere il mondo attraverso una lente diversa. Quando scrivo, finisce sempre che rifletto su determinati temi. È inevitabile scrivere sulla base di qualcosa che ho sentito o letto – un articolo di giornale o un libro – o visto al telegiornale o sull’autobus,  oppure che mi è venuto in mente mentre giocavo. Poi scatta la domanda “ma cosa succederebbe se…” e arriva la trama.

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