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Intervista alla traduttrice Giulia Zavagna

Giulia Zavagna

La prima edizione di Alias, il nostro master in traduzione letteraria, è alle porte. 
Perché consiglieresti di frequentare questo corso, e a chi lo consiglieresti?

Consiglierei questo corso a chi sta iniziando a cimentarsi con la traduzione e vorrebbe trasformare curiosità e passione in lavoro. E senz’altro a chi, come me anni fa, arriva da una formazione universitaria più che altro teorica. Alias è l’opposto, fa della pratica e dell’esercizio vivo sul testo il suo cardine principale, e apre quindi a un confronto costante, importantissimo per il nostro mestiere. Oltre a questo, di fondamentale importanza mi sembra il contatto diretto con il mondo editoriale che il master offre, un aspetto che spesso si sottovaluta ma che fa davvero la differenza in termini di formazione.

Quando hai scelto di diventare un traduttore? Qual è stato il tuo percorso professionale?

L’interesse e la curiosità per le lingue straniere c’è da sempre, da prima di averne una consapevolezza chiara, che forse è arrivata al liceo, grazie agli amici e ai testi giusti. Dopo una laurea in Traduzione Letteraria sentivo però di avere ancora tutto da imparare, volevo mettere le mani in pasta, capire chi e cosa c’era davvero dietro i libri.
Con un corso di editoria ho scoperto un mondo e gioie e dolori del lavoro redazionale. Dopo il corso è venuto un tirocinio, e parallelamente le prime collaborazioni. Oggi mi occupo di libri a tempo pieno, e tra tutte le fasi di lavorazione, la traduzione è ancora quella che mi appassiona di più.

Qual è stato l’ultimo libro che hai tradotto? Come hai gestito i tempi, quali sono state le difficoltà?

Ho consegnato qualche mese fa una nuova traduzione di un classico messicano: Farabeuf o la cronaca di un istante, di Salvador Elizondo, ripubblicato da LiberAria.
Era la prima volta che mi cimentavo nella ritraduzione di un libro, con tutti gli accorgimenti e le paranoie che un’operazione del genere comporta. Il tempo è sempre tiranno, ma in questo caso la sfida è stata più che altro con il tempo interno del romanzo: il racconto ossessivo di pochi istanti, in un equilibrio perfetto tra movimento e ripetizione.

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