di Chiara Di Giovanni, allieva del master “Il lavoro editoriale” 2025
Il Mondo delle Meraviglie è stata una libreria indipendente per ragazzi, alle porte del centro di Torino, aperta dal 1994 al 2018. Non esagero se dico che il mio personale interesse verso il mondo dei libri è nato e cresciuto tra quelle mensole. Proprio per il ricordo affettuoso che conservo, e spinta dalla curiosità di entrare nel dietro le quinte di una realtà come questa, ho incontrato le ex libraie Anna Migliuolo e Marilaura Fioravera per saperne di più della loro esperienza. Quella che ne è venuta fuori è una panoramica scoraggiante, ma che mette bene in luce le criticità di lavorare in un ambito come questo: dall’aumento esorbitante delle tasse alla perdita di interesse dei bambini verso la lettura, al progresso tecnologico che corre troppo velocemente perché tutti riescano a reinventarsi, passando anche per la politica che oggi non ritiene necessario occuparsi di cultura. Fare il lavoro più bello del mondo è ancora un motivo abbastanza valido per decidere di scommettere sulle librerie indipendenti?
Qual è il vostro percorso? Come vi siete avvicinate al mondo editoriale per poi decidere di aprire Il Mondo delle Meraviglie? Perché lavorare proprio con la letteratura per ragazzi?
Anna: Ho iniziato a leggere tardi, avevo dodici anni. Ho fatto un percorso lontano da questo mondo, ho studiato matematica e poi business: quando ho iniziato a cercare lavoro ho capito che era un mondo noiosissimo, quindi mi sono chiesta “Cosa vuoi fare da grande?” e ho deciso di aprire la libreria. Non ne sapevo assolutamente niente, di libri per ragazzi conoscevo solo Nancy Drew! A 32 anni ho comunque deciso di provarci. Ho scoperto che non era facile come credevo, ma ho preso il ritmo.
Marilaura: Io ho avuto trascorsi personali molto faticosi. Ho frequentato l’università a intermittenza, ma mi sono laureata in Pedagogia. Ho sempre letto tantissimo, più saggi però. Per un tirocinio universitario sono stata mandata in una scuola elementare, dove non volevo andare, essendo più interessata all’educazione degli adulti. Alla fine ci sono rimasta tre anni e ho incontrato Harry Potter, la libreria e Anna, che mi ha obbligata a leggerlo.
Perché lavorare con questo genere? Ci vuole molta più intelligenza e dedizione verso gli altri per scrivere un bel libro per ragazzi: sono chicche di letteratura, quasi sempre scritte da persone meravigliose, con cui spesso ci siamo interfacciate.
A livello di catalogo avevate delle preferenze tra case editrici indipendenti e non?
Anna: Noi abbiamo sempre proposto tutto quello che piaceva a noi, che fossero proposte delle case editrici associate alla grande distribuzione o con l’editore che si presentasse da solo in libreria. Ci siamo sempre fidate del nostro personale giudizio e della conoscenza dei clienti, ma senza mai badare al ritorno economico. Ecco qual è stato il problema.
Avete mai pensato di smettere di essere indipendenti?
Anna: In realtà no, non volevamo perdere la possibilità di scelta. Alcuni clienti hanno però cercato di “salvare” la libreria comprandola. Non ci sono riusciti.
Marilaura: Per cercare di andare avanti ci siamo inventate la casa editrice solo digitale nel 2011, con l’uscita del primo IPad. Abbiamo sviluppato delle guide di Roma, Milano e Parigi per ragazzi, una nuova edizione de Il giornalino di Gian Burrasca e un’edizione digitale di Chiedimi chi sono di Anna Vivarelli e Anna Lavatelli con contenuti anche multimediali come audio e foto d’epoca di corredo. Ne era venuto fuori un lavoro molto bello, ma come pubblicizzi in una libreria tradizionale qualcosa non fatto di carta? Il mondo dell’editoria digitale era appena nato, non c’erano strade da seguire come produzione e marketing, abbiamo dovuto inventare. Non sapevamo come pubblicizzare i nostri lavori, non avevamo abbastanza soldi.
Qual è stato il problema che vi ha portate alla chiusura? Perché dal 2011 al 2017 siete comunque rimaste aperte.
Anna: C’è stato un calo di lettura gravissimo, unito alla concorrenza fatta dagli sconti delle grandi catene, non tanto di Amazon. La situazione di oggi è un riflesso della nostra politica: un popolo che non legge non ragiona, ed è più controllabile.
Voi avete chiuso nel 2018, pensate che ad oggi manchi una libreria per ragazzi nel quartiere?
Marilaura: Probabilmente manca emotivamente alle persone, ma commercialmente, purtroppo, non ci si campa ed è il motivo per cui non ne sono nate di nuove. C’è anche stato un appiattimento della fantasia dei bambini, anche perché la generazione dei nostri figli non legge. I ragazzi non hanno bisogno di storie, hanno Tiktok e la tv.
Rifareste il vostro percorso da libraie?
Anna: Rifare il percorso assolutamente sì. Aprire oggi no. È il lavoro più bello del mondo, io ero felice la domenica sera di tornare a lavorare il giorno dopo, felicissima.
Marilaura: Lo ero anche io, ma le spese aumentano in continuazione.
Anna: Forse se dessero delle agevolazioni ai giovani si potrebbe ripartire, ma non lo faranno. Siamo in una situazione fuori controllo, non c’è spazio per le piccole realtà o per partire da soli: è tutto monopolizzato.
Nel 2025 vale ancora la pena fare i librai secondo voi?
Anna: Economicamente no. Se lo si vuole fare per vocazione è meglio lavorare in biblioteca, anzi bisogna farlo, perché questa roba ti fa funzionare il cervello e ti fa partire l’anima. Farlo per commercio non ne vale la pena, a meno che non si abbiano molte risorse economiche.
Marilaura: Oppure come hobby. Parlando di biblioteche c’è da dire che anche lì ad oggi stanno venendo a meno i fondi. Penso ora come ora non abbiamo bisogno di libri nuovi, la nostra valigetta è già piena.
Anna: Non sono d’accordo: c’è sempre bisogno di novità.
Termino l’intervista con il cuore un po’ più pesante: è strano arrivare a capire quanto sia faticoso riuscire a farcela in questo ambiente, soprattutto oggi. A volte ci dimentichiamo di tutte le difficoltà, i sacrifici e le batoste che i librai e le libraie devono affrontare. Il nostro supporto è fondamentale per loro: anche se la libreria di catena è la scelta più facile, cerchiamo di scovare e supportare le piccole librerie di quartiere, che spesso, come i libri che vendono, contengono meravigliosi mondi da scoprire.


