Dalla bio di Instagram alla quarta di copertina
di Francesca Santoro, allieva del master “Il lavoro editoriale”
In un’epoca dominata da reel, caption fulminanti e freestyle virali, ci sono ancora giovanissimi che scelgono una strada apparentemente controcorrente: la scrittura. Non quella dei commenti su TikTok o delle barre su un beat, parliamo di racconti, pagine, personaggi, intrecci. Stiamo assistendo a un ritorno sorprendente alla narrazione classica, ma con lo sguardo rivolto al futuro.
A crederci per primo è stato il team di Accento, casa editrice indipendente fondata nel 2022 da Alessandro Cattelan e diretta da Matteo B. Bianchi. L’obiettivo principale della casa editrice è quello di portare alla ribalta voci nuove e originali della narrativa. Puntare “l’Accento” proprio sugli esordienti (e non solo!)
Hanno scommesso su una generazione che ha tanto da dire, anche lontano dai microfoni e dalle stories. Dopo il successo della prima antologia dedicata ai nuovi talenti della narrativa italiana, a breve arriverà la seconda raccolta di racconti firmata da autori under 25.
Per capire meglio questa piccola rivoluzione silenziosa, ho fatto due chiacchiere proprio con Matteo B. Bianchi e Alessandro Cattelan, che di giovani e linguaggi contemporanei se ne intendono parecchio. Ho chiesto loro cosa vedono in questi nuovi autori, cosa si aspettano da loro, e perché oggi, proprio oggi, ha senso dare spazio alla penna, anche nell’era dello scroll infinito.
“Come è nata l’idea di raccogliere racconti di giovani esordienti sotto i 25 anni?”

A.C: Mi interessava andare a indagare di cosa parlassero i giovani ma soprattutto mi interessava capire se ci fosse ancora qualcuno disposto a fare la “fatica” di scrivere in un contesto dove i metodi per dare sfogo all’espressione personale sono tantissimi e più immediati (social, canzoni, podcast…). Sedersi e scrivere è faticoso, volevo vedere se ci fossero ancora ragazzi che avessero voglia di fare quella fatica, e ce ne sono tantissimi!

M.B: Queste raccolte nascono sotto ispirazione della raccolta under 25 di Pier Vittorio Tondelli. Erano racconti a metà tra il sociologico e il letterario, diventando così una fotografia dell’Italia negli anni ’80, ma allo stesso tempo una raccolta di giovani promesse. Abbiamo ritrovato questa dualità anche nei manoscritti ricevuti per la prima raccolta. Avevano tutti una forte impronta sociologica (omosessualità, guerra, immigrazione…) ma non ci siamo fermati solo a quello. Volevamo vedere di cosa parlano le nuove generazioni.
“I temi sociali emersi dalla prima raccolta sono molto forti, ve lo aspettavate da questi ragazzi così giovani? Quali sono le aspettative, se ne avete, per questa seconda antologia?”
A.C: In realtà si, me l’aspettavo. È una fase della vita. Chi più chi meno, tutti noi a quell’età abbiamo avuto un momento in cui sentivamo tutti i problemi del mondo addosso. È ancora così e credo che sarà così anche per i 20enni del 2030, e via dicendo. Questa seconda antologia la affronto con grande curiosità, ho voglia di vedere cosa ci diranno i nuovi. L’aspettativa, più che verso le tematiche, è verso l’aspetto stilistico-letterario. Noi cerchiamo racconti che siano belli da leggere, piacevoli per il lettore e che abbiano un valore letterario forte.
M.B: Difficile aspettarsi qualcosa. Sinceramente rispetto a tre anni fa l’atmosfera è molto più “cupa” e mi aspetto che questa sensazione sia più presente e si rispecchi poi nei racconti che ci arriveranno.
“Chiedo a te Matteo, che in prima persona, insieme a Eleonora Daniel, lavori con queste ragazze e ragazzi. Com’è il rapporto che si crea tra editor ed esordiente?”
M.B: Lavorare con i giovani è sicuramente più impegnativo, ci sono arrivati racconti di ragazzi e ragazze davvero molto giovani (il più giovane aveva 16 anni!), però è anche più stimolante e soddisfacente. Riconoscere e lavorare proprio con il talento “grezzo”, vedere le potenzialità. I ragazzi e le ragazze sono molto propensi al lavoro di editing sui propri testi, ci si impegnano davvero tanto. In questa fase “liquida” è poi ancora più facile che l’autore cresca. Il compito di chi lavora con gli esordienti è quello di aiutarli a trovare una strada dove incanalare tutte le idee e le energie, come dicevo prima, vedere le potenzialità e tirarle fuori.
“A livello editoriale, chiedo a te Alessandro, editore di Accento, quanto è stato difficile immettersi nel panorama editoriale con un’idea di casa editrice così precisa e settoriale? Tutto quello che ci siamo raccontati fino ad ora, si riflette negli altri titoli della casa editrice?”
A.C: La nostra linea editoriale è abbastanza netta, seguiamo banalmente ciò che è di nostro gusto, non qualunque cosa. Abbiamo capito anche il gusto comune dei nostri lettori più affezionati, ma siamo sempre aperti a nuove follie. Dal punto di vista del panorama editoriale pensavo peggio, in realtà ho trovato grande collaborazione in tanti che lavorano in questo settore da anni. Ci hanno accolto dandoci consigli, pareri, aiutandoci a capire se la strada intrapresa fosse virtuosa. Mi avevano preparato al peggio, ma forse è meglio così, essere preparati al peggio per poi stupirsi piacevolmente di come vanno le cose.
In un tempo che spinge a semplificare tutto, questi ragazzi scelgono la complessità. In un’epoca che celebra l’istante, loro si prendono il tempo del racconto. Sono voci giovani, sì, ma niente affatto acerbe. Anzi, sorprendono per profondità, visione, coraggio.
Accento ha saputo intercettare questo movimento silenzioso ma potente. Dietro ogni racconto c’è una scintilla, e Accento sta facendo esattamente questo: accendere fuochi. Trasformandolo in due antologie che non suonano come un’eccezione, ma come l’inizio di qualcosa.
Sfogliarle non è solo leggere racconti: è entrare in una conversazione generazionale che ha appena cominciato a parlare. E promette di avere molto, moltissimo, da dire.