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Annunciazione annunciazione: Jacopo Masini torna in libreria con Santi Numi

Santi Numi - recensione

Il nuovo di libro di Jacopo Masini, pubblicato da Exòrma edizioni, è una raccolta di racconti divertenti e spericolati sulla difficoltà di essere santi nell’era moderna

a cura di Mariangela Compasso

Autore: Jacopo Masini
Casa editrice: Exòrma edizioni
Pubblicato: settembre 2021
Pagine: 174 – Brossura

“Lascia stare i fanti e scherza con i santi!”, potremmo prendere in prestito, capovolgendolo bonariamente, il famoso detto fustigatore dei blasfemi per dare un’idea di ciò che è Santi numi (Exòrma edizioni), il nuovo libro di Jacopo Masini, una spassosa raccolta agiografica di trentuno racconti più uno, alcuni lunghi, altri brevi, altri brevissimi, in cui si narrano le vicende di santi, beati e martiri vissuti tra gli anni Settanta e gli anni Ottanta nella Pianura Padana. Ciò che si troverà nelle 174 pagine ce lo anticipa l’autore nel racconto di apertura: “Si tratta delle vite di donne e uomini che, secondo le cronache e i testimoni dell’epoca, giunsero a una loro speciale forma di beatitudine e persino di santità, quasi completamente misconosciuta e, in alcuni casi, del tutto priva di senso”. Attenzione, però, perché Santi numi non è una specie di vitedeisanti in chiave pecoreccia, ma una trattazione sofisticata di vizi e virtù umani con l’aureola sbarazzina.

Nel primo racconto dal titolo La doppia vita dellʼangelo, un angelo alquanto scorbutico si reca da un certo Enore Ziveri, gastronomo di Parma, per annunciargli che lui e sua moglie Norma Guatelli avranno un figlio: “Quindi avrete un figlio e spero vi faccia piacere. Lo chiamerete Giovanni, che è un bel nome, secondo me, e ne sarete molto felici”. Quando Enore gli fa notare che lui e la moglie sono ormai anziani per avere un figlio, l’angelo sbotta: “Visto che invece di esultare hai sollevato dubbi, allora rimarrai muto fino a che il bambino non viene al mondo. E ti voglio vedere a mandare avanti una gastronomia senza parlare”. Dopodiché l’angelo si reca al supermercato Conad per fare l’annuncio di una gravidanza anche a Maria Vignali, una ragazza “comune e normale” fidanzata con Giuseppe Barigazzi e ancora vergine. Se avete l’impressione di conoscere i personaggi è perché li conoscete davvero, non vi sbagliate. A pagina 37 si racconta la storia di “Giovanni detto Francesco”, un giovane ricco e viziato con poca voglia di lavorare, ma con molta passione per le moto e le donne, il quale un giorno, non si sa bene come e perché, decide di abbandonare la sua vecchia vita lussuosa per abbracciarne una nuova fatta di rettitudine e sobrietà. Il profeta Gianni ci parla di un uomo, Gianni Gaibazzi, a cui una domenica pomeriggio di novembre del 1987 nel bar Pippo di Sorbolo appare un tizio con un tabarro nero che gli dice: “Alzati, va’ a Milano, la grande città, e digli che la loro malizia ha superato il limite e devono smetterla di fare i fenomeni e darsi una regolata”. Gianni, così dicono le cronache, sale sulla sua 127, ma anziché a Milano decide di andare a Cervia e finisce inghiottito da un pesce.

Insomma, come è facile intuire, Masini attinge dalla tradizione biblica, mescolando sacro e profano, cultura alta e provincialismo (c’è in uno dei racconti un inequivocabile rimando a Kafka). Tra boutade e nonsense viene fuori lʼhumus primordiale, quel substratopopolano fatto di fede e superstizione, di misticismo e laicismo, di oralità e scrittura. I personaggi sono caricaturali, provocano, imprecano, si danno all’euforia e alla rozzezza. Sono espressione di quella provincia, appunto, in cui tutto è sopravvivenza e trova rifugio nella dimensione religiosa. La loro cifra non può che essere il dialetto, “l’anima del popolo”, come diceva Rousseau. Masini costruisce abilmente frasi lunghe e dialoghi nella “lingua parlata”, volgare, propria del paese.

I santi della valle del Po sono persone semplici, che si sono distinte per azioni solo apparentemente banali, ma che hanno in realtà segnato le generazioni future, come succede nel racconto Rodolfo Tamani il Taumaturgo, in cui si narra di un tal Franco De’ Rossi e del suo amico Rodolfo Tamani.

“Franco De’ Rossi si ammalò di influenza e andò dal suo amico per cercare conforto. Rodolfo, gli disse, voglio vendere tutto e donarlo ai poveri, che mi sento di morire. Franco, gli disse Rodolfo, ma cos’hai di preciso? Ho trentasette e cinque di febbre.”

Dopo questa risposta di Franco De’ Rossi, in base a ciò che riportano le cronache locali,  Rodolfo Tamani gli diede tante di quelle sberle che gli fece cambiare idea, guarendolo, e da quel giorno passò alla storia come Rodolfo Tamani il Taumaturgo.

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