Un’analisi letteraria e psicologica di Mariangela Compasso
Nel Medioevo i mercanti annotavano i conti su taccuini scritti in lingua volgare, una sorta di agende ante litteram.
Un po’ alla volta arricchirono le annotazioni con informazioni riguardanti gli avvenimenti personali, le loro famiglie o ciò che accadeva in città. Questi mercanti inconsapevolmente stavano dando vita a un genere letterario che tanta fortuna avrebbe avuto negli anni a venire: la diaristica.
Esistono diverse tipologie di diario: il diario di bordo, il diario di viaggio, il diario di guerra, il diario personale, il diario per appunti, il diario medico.
Scritto in prima persona, in ordine cronologico, con uno stile semplice, il diario può essere reale e autobiografico, ma talvolta ha come protagonista un personaggio inventato. È l’espediente narrativo a cui si preferisce ricorrere in letteratura per narrare l’adolescenza, poiché la sua immediatezza meglio si presta a descrivere i turbolenti stati d’animo di ragazze e ragazzi.
Il diario di Martina, sottotitolo Confessioni di un’adolescente tra amicizie, passione per la lettura e social (quanto basta) di Angela Gionti e Caterina Di Iorio (Simone, 2022, pp. 144), con le illustrazioni di Maria Cristina Costa, è un libro bello e poetico in cui una vivace ragazzina si racconta tra classicismo e contemporaneità.
Martina ha tredici anni e vive a Vicenza.
Il lavoro del padre la fa trasferire con i genitori dal meridione nella città veneta. La madre, però, assalita dalla nostalgia, decide di tornare al paesello d’origine, mai nominato nel libro, e porta con sé Martina, che proprio nel paesello frequenterà la terza media. Sarà la professoressa di italiano a far nascere in Martina la passione per la scrittura, assegnando come compito alla classe la stesura di un diario. Inizialmente riluttante a eseguire il compito, Martina in seguito amerà i momenti di intimità con quell’oggetto di carta che diventerà per lei un amico speciale.
Angela Gionti e Caterina Di Iorio sono laureate in lettere moderne e lavorano nella stessa scuola secondaria di primo grado a Caserta quando nel 2008 scrivono per la prima volta questo libro, accomunate, oltre che dalla professione, dalla passione per la lettura e la scrittura. Nel 2022 Di Iorio fa l’insegnante di italiano e storia in un liceo musicale, Gionti approda all’insegnamento universitario. Decidono di riprovarci con una edizione “aggiornata” del libro, in cui raccontano anche il rapporto tra gli adolescenti e i social. Il libro viene pubblicato nella collana Il Giardino di Marcel, la nuova collana di narrativa scolastica della casa editrice Simone.
«La scrittura è una terapia, un viaggio attraverso il quale una persona può arrivare alla completa consapevolezza di sé stessa. È questo il messaggio che vorrei arrivasse ai ragazzi e alle ragazze. Scrivere è divertente, impegnativo, ma anche terapeutico. Il diario permette di guardare il proprio vissuto a distanza di anni e rielaborare con occhi diversi ciò che ci è accaduto», dice Di Iorio, che mi confida di aver sempre scritto diari personali da adolescente e di possedere tutt’oggi un diario di viaggio.
«Il diario di Martina è stato uno dei libri di narrativa scolastica più venduti quando è uscito la prima volta, così la casa editrice Simone ci ha contatto qualche anno fa e ci ha proposto di scriverne una nuova versione, più in sintonia con i tempi, visto che nel 2008 non avevamo affrontato il tema dei social. Noi ovviamente abbiamo accettato entusiaste», aggiunge Gionti, «inoltre, ho sempre pensato che scrivere un diario equivalga a vivere una specie di catarsi e penso che le nuove tecnologie, come per esempio i blog, possano far avvicinare alla scrittura anche chi è più restio a farlo».
Ho fatto quattro chiacchiere con la dott.ssa Anna Verrengia, psicologa dell’età evolutiva, specializzata in psicopatologia dell’apprendimento, la quale, tra le altre cose, mi ha spiegato perché è importante durante l’adolescenza avere un diario:
«Oltre a essere una sorta di memoria storica del proprio percorso evolutivo, il diario è uno spazio sicuro in cui poter esprimere senza filtri e giudizi critici tutto ciò che accade, compresi i propri bisogni, desideri, paure e frustrazioni, spesso fluttuanti e contrastanti nel corso del tempo. Attraverso la scrittura l’adolescente può dare un nome ai propri stati emotivi, traducendo a parole sensazioni ed emozioni per loro natura ineffabili e cangianti. Il diario consente di rielaborare vissuti difficili e dolorosi e rappresenta per i ragazzi uno sfogo sano, che alleggerisce il carico emotivo e aiuta a calmare la mente. Scrivere della propria sofferenza e dei propri problemi permette di prendere distanza dagli eventi spiacevoli, per guardarli con maggiore distacco e lungimiranza».
Scrittori e scrittrici del Novecento hanno indagato le inquietudini e gli smarrimenti di un’età fino ad allora narrata senza dare spazio all’introspezione. L’adolescente del Settecento e dell’Ottocento era generalmente un personaggio secondario finalizzato a enfatizzare il ritratto borghese della famiglia o il divario economico della società; quando protagonista, era estraneo a particolari psicologismi (un discorso a parte andrebbe fatto per L’adolescente di Dostoevskij).
È stato soprattutto a partire dal terzo decennio del Novecento che la dimensione intima diventa argomento narrativo. Opere come L’isola di Arturo di Morante, Il barone rampante di Calvino, Il garofano rosso di Vittorini, Ragazzi di vita di Pasolini, Il giovane Holden di Salinger diventano veri e propri manifesti di quella linea d’ombra cara a Conrad.
Il diario di Martina rientra nella letteratura per ragazzi ed è stato scelto come testo scolastico per la sua capacità di stimolare gli adolescenti al pensiero critico.
Nel diario Martina ci fa conoscere la sua famiglia, i suoi compagni di scuola, ci parla di Vicenza e poi del paesello, dei suoi primi amori, dell’amicizia. Voliamo con lei in Brasile dallo zio e ce ne andiamo a pranzo dal suo amico indiano Hari a mangiare il kesari. Ma in questo breve testo si affrontano anche temi più spinosi come il bullismo, l’immigrazione e il razzismo.
Martina è una nativa digitale e tra le pagine del suo diario trovano posto pure i social. TikTok e WhatsApp sono gettonati tra i giovanissimi e Martina ne fa uso come i suoi coetanei.
«Dottoressa Verrengia, gli adolescenti di oggi vivono in uno stato di perenne iperconnessione. I social, presenti nelle loro vite per gran parte del tempo, spesso offrono terreno fertile a comportamenti devianti, ma possono davvero rivelarsi così pericolosi?»
«L’argomento è complesso e merita molta attenzione. Negli ultimi anni si sono moltiplicate esponenzialmente le ricerche che indagano i fattori positivi e negativi delle nuove tecnologie, in particolare dei social network, e l’impatto che questi ultimi hanno sulla salute mentale degli adolescenti. In generale, gli studiosi concordano nell’attribuire ai social la capacità di soddisfare alcuni dei bisogni fondamentali degli adolescenti, come il bisogno di appartenenza e accettazione da parte del gruppo di pari e quello di affermazione di sé, lontano da ingerenze genitoriali.
I social permettono ai ragazzi di rimanere sempre connessi con una vastissima rete sociale, potenzialmente infinita, da cui ottenere attenzione e riconoscimento tramite like e messaggi. Consentono di mantenere contatti anche con persone lontane, attenuando la sensazione di isolamento sociale e anestetizzando vissuti di tristezza e solitudine. Tramite i social gli adolescenti possono condividere una vasta gamma di contenuti multimediali, con i quali hanno l’opportunità di esprimere, anche in maniera creativa, le loro passioni e interessi, affermando la loro identità, unica e originale».
«Quindi li assolviamo»
«Non proprio. Accanto agli aspetti positivi, non possiamo sottovalutare i rischi che queste tecnologie, soprattutto un loro uso massiccio e poco consapevole, possono avere sulle personalità ancora fragili e in via di formazione come quelle degli adolescenti.
Senza contare i danni della dipendenza da Internet, fenomeno purtroppo sempre più in aumento. L’investimento in relazioni digitali, a discapito di quelle reali, può inibire il corretto sviluppo delle abilità sociali, laddove nelle interazioni virtuali, mediate dallo schermo, mancano le componenti della comunicazione non verbale e del contatto fisico e oculare, essenziali nella comunicazione umana. Nelle interazioni virtuali, inoltre, l’utente può creare e costruire un’immagine di sé grandiosa e idealizzata, filtrando accuratamente ciò che lascia trapelare di sé. Sui social i ragazzi sono subissati da standard di perfezione e successo, che, sebbene irraggiungibili, si pongono come modelli di confronto impietoso e alimentano vissuti depressivi e senso di inadeguatezza. In un’età in cui l’approvazione del gruppo dei pari è tutto c’è poi il rischio, soprattutto nei giovani con fragile autostima, di associare il proprio valore personale al numero di like ricevuti: per questi ragazzi, l’assenza di feedback positivi può quindi diventare un dramma intollerabile».
«Oltre alla fame di like, c’è il pericolo del cyberbullismo»
«Esatto. Un altro problema molto diffuso è quello delle pratiche devianti come il cyberbullismo, che trovano nell’anonimato della rete e nell’impunità che ne deriva un contesto ideale nel quale attecchire.
In ultimo, non possiamo non menzionare un importante problema legato alla privacy, soprattutto per quei ragazzi che scelgono di mantenere pubblico il loro profilo e/o abilitano servizi di geolocalizzazione, per condividere in tempo reale la propria posizione. Pubblicando sui loro profili contenuti accessibili a tutti, questi ragazzi si espongono a possibili commenti offensivi e aggressivi da parte di altri utenti e anche potenziali contatti con adulti abusanti».
«Dottoressa, dopo aver capito quali sono i rischi che si corrono a causa di un uso inconsapevole dei social, quale consiglio sente di dare agli adolescenti per fare in modo che possano socializzare senza insidie?»
«Ora, al netto di tutti questi rischi, sarebbe anacronistico e insensato pensare come soluzione quella di vietare tout court l’accesso ai social da parte dei giovani; dobbiamo interrogarci piuttosto sul modo di educare i nostri ragazzi a utilizzare in maniera consapevole e responsabile questi strumenti digitali, anche limitandone un utilizzo eccessivo».
Gionti e Di Iorio si tengono saggiamente ben alla larga da paternali, suggerendo un modo didattico di adoperare i social network. Martina è una ragazzina curiosa e la rete per lei è il mezzo per dissetare la sua sete di conoscenza nell’immediato. Non ama navigare inutilmente e TikTok è solo un divertimento effimero e fugace. Lei ha passioni più nobili: la lettura e la scrittura.
Diario di una schiappa di Jeff Kinney, Il piccolo principe di Antoine de Saint-Exupéry, Storia di una gabbianella e del gatto che le insegnò a volare di Luis Sepùlveda sono solo alcuni dei libri letti da Martina e raccontati nel suo diario. A questi “classici” della letteratura per ragazzi si aggiungono anche letture più impegnative e suggestive come Le città invisibili di Italo Calvino, Lessico famigliare di Natalia Ginzburg, L’odore dell’India di Pier Paolo Pasolini.
Il Giardino di Marcel è la collana di narrativa che Simone ha dedicato ai capolavori della letteratura italiana e straniera, in versione integrale o con adattamenti. In questa collana vengono pubblicati anche storie inedite che riguardano il mondo degli adolescenti.
Il diario di Martina, caratterizzato da una parte narrativa e da una laboratoriale, affronta, tra gli altri, un argomento per certi aspetti pruriginoso: la lettura.
Spesso si accusano i giovani di dedicare poco tempo alla lettura di libri e molto all’intrattenimento social, per cui il succo del discorso diventa “leggono poco”.
Ma stanno davvero così le cose?
Un articolo del Sole 24 Ore del 21 aprile 2022 ha riportato un’indagine condotta da GoStudent, la piattaforma di apprendimento online, secondo la quale il 51% degli adolescenti italiani tra gli 11 e i 18 anni legge di più dopo la pandemia. Il lockdown ha cambiato le abitudini di ragazze e ragazzi, portandoli a incrementare il numero di libri letti in un anno. C’è da dire, però, che solo 3 ragazzi su 10 hanno letto 1 libro al mese, quindi i numeri non sono proprio confortanti, ma considerando che in Italia è ritenuto lettore forte chi legge almeno 12 libri in un anno possiamo non disperare.
«Leggere fa bene. Allena la capacità di ragionamento, le funzioni di memoria, attenzione e concentrazione, incrementando al contempo le competenze linguistiche e di comprensione del testo. Accresce la creatività e l’immaginazione e permette di rispondere a un sano bisogno di evasione, consentendo il distacco dall’immediatezza del contingente per immergersi in altre realtà», mi dice la dott.ssa Verrengia.
«Dottoressa, sebbene in Italia il lockdown causato dalla pandemia di COVID-19 abbia fatto aumentare il numero di giovani lettori, siamo ancora lontani dalla media europea (medaglia d’oro agli adolescenti turchi con 25 libri letti in 1 anno). Perché è importante leggere durante l’adolescenza?»
«La lettura permette all’adolescente di decentrarsi da sé e scoprire i punti di vista altrui, ampliando il proprio orizzonte di comprensione del mondo.
Attraverso le storie raccontate nei libri, l’adolescente può infatti entrare in contatto con i mondi interni degli altri, i loro pensieri e le loro emozioni, spesso diverse dai propri, e accrescere così la sua capacità di sentire e comprendere gli stati d’animo altrui, sviluppando l’empatia, abilità fondamentale alla base delle relazioni sociali. Al contempo la lettura lo aiuta ad affinare il proprio vocabolario emotivo, ampliando la comprensione dei propri vissuti interiori.
Tramite le vicende dei protagonisti dei libri, l’adolescente ha l’opportunità di conoscere nuove prospettive, affrontare problemi analoghi ai suoi, riflettere sulle conseguenze di certe azioni, e sperimentare in maniera indiretta una vastissima gamma di situazioni ed esperienze».
Le due autrici sono convinte che la scuola abbia un ruolo importante nel processo di avvicinamento dei giovani alla lettura. «Il compito dell’insegnante è quello di educare,nel significato autentico del termine di “condurre”, “tirare fuori”. La lettura permette quindi di non soffocare le emozioni e dunque di viverle serenamente, senza timore o vergogna», afferma Di Iorio.
Martina alla fine decide di aprire un blog «di aspiranti scrittori e lettori con cui chiacchierare di esperienze personali e letterarie», un modo per incominciare a scrivere e far conoscere la sua scrittura a un pubblico vasto. Ma senza smanie da influencer, piuttosto con l’ambizione di diventare un’Elsa Morante 2.0. E poi chissà, potrebbe arrivare lo Strega!