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Consigli di lettura – la narrativa, parte seconda

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I consigli di lettura dedicati alla narrativa, a cura degli allievi del master Il lavoro editoriale 2021

Abbiamo ormai terminato questo meraviglioso percorso cominciato a marzo, ovvero il master «Il lavoro editoriale» della Scuola del libro, ma desideriamo continuare ancora per un po’ a condurvi tra i nostri consigli di lettura. L’idea è stata quella di creare dei veri e propri capannoni letterari colmi di pile di libri e pronti ad accogliere lettori curiosi, e per farlo ci siamo ispirati al titolo dell’ultimo libro di Deb Olin Unferth Capannone n. 8 (SUR 2021), ma anche ai capannoni delle fiere editoriali di cui tanto abbiamo sentito la mancanza nell’ultimo anno.

Lasciamo alle nostre spalle il Capannone. n. 3, con le curiose e magiche atmosfere della letteratura per bambini e ragazzi, per immergerci ancora una volta nella narrativa. Stavolta viaggeremo in luoghi suggestivi e misteriosi spostandoci dall’India degli anni Quaranta del secolo scorso a un’Algeri violenta e corrotta, per poi rilassarci – ma non troppo – in una sala da tè della Madrid degli anni Trenta. Ad accompagnarci saranno un sensibile e giovane poeta romano e un avvocato napoletano sgangherato e senza speranza. Buon viaggio e buone letture!

Non avevo capito niente

Marika Lanza consiglia Non avevo capito niente di Diego De Silva (Einaudi, 2007): «È il primo di cinque romanzi che hanno come protagonista il “semi-disoccupato”, “semi-infelice”, ma soprattutto “avvocato d’insuccesso” Vincenzo Malinconico. Questo libro è un concentrato di ironia e intelligenza che ci permette di entrare nella vita di un eccentrico uomo il cui nome risulta essere anche la chiave di volta della sua stessa esistenza. Malinconico, muovendosi tra le macerie di un matrimonio fallito improvvisamente, per volere della ex moglie Nives, e di una carriera nella quale non ha mai brillato ma soprattutto creduto, riesce a dimostrarci che la vita può sempre sorprenderti concedendoti ancora l’amore e potrà anche riuscire a darti alcune delle risposte che cercavi, magari proprio quando non ne avevi più bisogno. De Silva è stato capace di costruire e raccontarci un personaggio e un mondo sempre più complesso, oltre a suggerirci un’attitudine grazie alla quale attraversarlo, da bravi semi-indenni quali in fondo siamo un po’ tutti. È peraltro iniziata la produzione di una serie tv (scritta, tra gli altri, dallo stesso De Silva per Rai 1, con Massimiliano Gallo nei panni dell’avvocato Malinconico) e ciò rende la lettura, a mio avviso, ancora più interessante».

Tea rooms

Maria Paola Corsentino consiglia Tea rooms. Operaie della ristorazione di Luisa Carnés (Alegre, 2021): «Nella Madrid degli anni Trenta la giovane Matilde, alter ego dell’autrice, lavora come cameriera in una sala da tè. Se da un lato questa occupazione rappresenta una vera e propria fortuna che le consente di contribuire al mantenimento di una famiglia numerosa, dall’altro vuol dire fare i conti quotidianamente con le disparità economiche e di genere, e con la costante preoccupazione di perdere il posto. Riscoperto in Spagna nel 2016 dopo essere caduto tristemente nell’oblio, questo romanzo è stato tradotto in italiano da Alberto Prunetti e pubblicato nella collana “Working Class” da lui curata. Il principale merito di Tea rooms è quello di unire la forza immaginativa della narrativa a quella della denuncia sociale. Un romanzo ancora attuale che tiene insieme la coscienza femminista e quella di classe descrivendo da una prospettiva interna i meccanismi di sfruttamento nel rapporto padrone-proletari e le insidie della gerarchianei luoghi di lavoro».

Una vita vera

Enrica Alessandro consiglia Una vita vera (Codice Edizioni, 2021): «Wallace è uno studente di biochimica trasferitosi dall’Alabama in una cittadina del Midwest. La frustrazione derivante dall’esperienza universitaria, la morte di suo padre e i commenti denigratori nei confronti di chi ha il suo stesso colore di pelle lo isolano, conducendolo all’alienazione. Durante un fine settimana conosce Miller, con cui ha rapporti sessuali anche violenti che fanno riaffiorare gli abusi subiti da suo padre. La relazione è di confidenza reciproca, entrambi hanno origini umili e condividono il bisogno di raccontare le proprie esperienze traumatiche. Wallace naviga la potenza emotiva del ricordo restando aggrappato al dettaglio. L’esattezza del linguaggio, che conferma gli studi scientifici dello scrittore, si riflette nello stile, chiaro e descrittivo, costituito da frasi lunghe che creano un senso di rassegnazione e straniamento. Ci si chiede quale sia la vita vera, quella della scuola, del lavoro o delle serate con gli amici? Se la condivisione dei traumi ci libera dal passato? Brandon Taylor, finalista al Booker Prize 2020, costruisce una narrazione in cui la conoscenza risiede nel dolore sepolto e inascoltato».

Tutto chiede salvezza

Mariafrancesca Perna consiglia Tutto chiede salvezza di Daniele Mencarelli (Mondadori, 2020): «Ha vent’anni Daniele quando, in seguito a una violenta esplosione di rabbia, viene sottoposto a un TSO, trattamento sanitario obbligatorio. È il giugno del 1994, un’estate di Mondiali. Un libro che è occasione di entrare in un reparto psichiatrico per sette giorni, il tempo in cui viene ricoverato il protagonista: una settimana di dolore ma anche di speranza, di eventi sorprendenti, di una routine particolare in cui una strana normalità si mescola con distacco dal mondo reale. Si ascolteranno i pensieri dei pazienti, i malati, insieme a quelli degli infermieri e dei medici, le persone normali. Un viaggio tra la frustrazione di chi si sente diverso e poco accolto dal mondo e il sollievo di chi riesce a trovare affetto nell’ultimo posto in cui pensava di trovarlo. Nei precipizi della follia brilla un’umanità creaturale, a cui Mencarelli sa dare voce con una delicatezza e una potenza uniche. E forse siamo tutti matti, alcuni sono solo meno abili a contenere la battaglia che si combatte dentro di loro».

Il gioiello della corona

Carla De Rosa consiglia Il gioiello della corona (Fazi, 2020): «Un’India in balia dei moti sovversivi e della rivendicazione della propria indipendenza fa da sfondo al racconto di una rivolta, di uno stupro e di una storia d’amore impossibile. Sono gli anni Quaranta del Novecento e Daphne e Hari si ritrovano a vivere per ragioni differenti in una nazione a loro estranea e a tratti quasi inospitale, in cui il profumo delle spezie e il trambusto dei mercati non bastano a cancellare i controsensi, le lotte di classe e le disparità sociali. Un vero e proprio salto indietro nel tempo, per capire, grazie alle diverse prospettive dei vari personaggi, alcune delle complicate dinamiche post-coloniali. Una volta finito, anche voi aspetterete con ansia di leggere il sequel della saga».

Morituri

Mario Antonio Caldara consiglia Morituri (E/O, 2000): «Morituri è il romanzo d’esordio di Yasmina Khadra, pseudonimo di Mohammed Moulessehoul: un poliziesco atroce, dallo stile diretto, tagliente, talvolta irriverente e “politicamente scorretto”, poiché tale è la realtà che racconta. Il romanzo gioca con il genere, con la tipica storyline poliziesca, che segue il cammino tortuoso del commissario Llob, solo e depresso, chiamato a risolvere il mistero dietro una spirale omicida. In realtà, il genere è solo un pretesto per riflettere sul dramma di un paese e del suo popolo. Il lettore viene infatti fiondato violentemente e senza filtri in un’Algeri disastrata, politicamente lontana dalla tirannia francese ma da cui ha assorbito i veleni ed ereditato i vizi. È un’Algeria paradossale, un luogo spaccato in due, in cui l’élite corrotta si contrappone alla fazione dei relitti umani, generati da un paese dimentico dei valori culturali e identitari che avevano mosso un popolo verso l’indipendenza. Non si tratta di un romanzo che propone soluzioni, ma che evidenzia crepe sociali troppo profonde per essere sanate, riflettendo su un fatto: ai crimini della colonizzazione non si può rimediare con un colpo di spugna».

Le cose che non facciamo

Federica Santilli consiglia Le cose che non facciamo di Andrés Neuman, (SUR, 2016): «Le cose che non facciamo è una raccolta di racconti che narrano d’amore, di morte, di maternità, di ciò che c’è dietro la scrittura, di tanti pezzi di vita quotidiana che contengono in nuce tutto ciò che ci riguarda come esseri umani. Neuman in poche pagine, spesso in poche righe, riesce a sorprenderci al tal punto che ci si ritrova a ridere, a riflettere, o a chiedersi dove si è e che ore sono, e lo fa descrivendo le cose che sembrano più insignificanti, senza clamore. Alcuni racconti sono di un lirismo intimo e delicato: “La prima notte che trascorsi con mia madre quando la ricoverarono, o quando lei trovò ricovero in qualche punto dentro di sé, ebbi la conferma di un sospetto: ci sono amori che non si possono ripagare”. Altri ricordano le atmosfere dei film di Quentin Tarantino, altri ancora sono forieri di significati molteplici in linea con la condizione umana che ci porta sempre in cerca di assoluzione. Ma in tutti c’è la maestria di un autore che non indulge mai nella retorica e adotta un tono ironico, a tratti canzonatorio, che gli permette di raccontare anche gli eventi più funesti. Come se volesse consolare, stringere in un abbraccio e al tempo stesso si prendesse gioco di noi e insieme di sé stesso».

2666

Federico Di Mauro consiglia 2666 di Roberto Bolaño (Adelphi, 2007-2008): «A distanza di quasi vent’anni l’opera postrema di Bolaño non smette di sconvolgere per ambizione e per ampiezza di sguardo. Chi ha amato il grande gioco illusionistico dei Detective selvaggi, si troverà spiazzato di fronte alla smisuratezza di questo romanzo – che non è un romanzo. 2666 era infatti stato pensato dallo scrittore cileno come sei libri distinti, sei “parti” autonome riunite successivamente dall’editore spagnolo (e poi da tutti gli altri) in un unico libro – vera incarnazione moderna del labirinto. Tutto comincia e finisce con la ricerca del leggendario scrittore tedesco Benno von Arcimboldi. Nel mezzo ci sono, tra le altre cose, i dilemmi metafisici del “selvaggio” Amalfitano, la parabola evangelica dell’afroamericano Fatee, le impressionanti indagini di Sergio González Rodriguez su una catena di delitti reali che hanno al centro il deserto del Sonohra, dove da decenni migliaia di donne scompaiono nel nulla per effetto di una violenza ancestrale e inarginabile. Personaggi appartenenti a mondi apparentemente lontani, l’Europa e l’America; il Terzo Reich, le dittature sudamericane e la frontiera statunitense – ma tutti vincolati tra loro da una violenza feroce che per l’autore è l’unico motore della Storia. “[…] un cimitero del 2666, un cimitero dimenticato sotto una palpebra morta o mai nata, le acquosità spassionate di un occhio che per dimenticare qualcosa ha finito per dimenticare tutto”: così Auxilio Laucuture in Amuleto vedeva il futuro dell’America Latina. 2666 è quello che senza enfasi possiamo chiamare il testamento spirituale di Bolaño: in questo “romanzo di non-fantascienza” (come recita il sottotitolo dell’opera autografa) il futuro – il nostro mondo – è una terra di nessuno, dove il Male cospira per il completo annientamento dell’umano».

I racconti

Demetrio Marra consiglia I racconti di Daniele Del Giudice (Einaudi, 2016): «Esiste un classico vivente? Sì. È Daniele Del Giudice, giornalista e scrittore romano, classe 1949. Affetto purtroppo da una malattia che non gli permette più di scrivere, Einaudi ha deciso di ripubblicare, dopo Atlante occidentale (il romanzo che lo ha consacrato) anche una raccolta di tutti i suoi racconti, editi e inediti. Si tratta di testi tutti fondati su un’equivalenza: scrivere e conoscere per Del Giudice sono processi che valgono come uno. Raccontare una storia significa, in altre parole, avviare una ricerca dalla doppia faccia, uno studio e una quête, un’avventura romanzesca. Che si tratti della memorizzazione di un quadro prima che venga definitivamente la cecità (Nel museo di Reims); o della ricerca ossessiva di una melodia che sostituisca la precedente come preludio a un omicidio (L’orecchio assoluto); o ancora dell’indagine parascientifica su degli attuali venditori di tempo (Mercanti del Tempo).
Raccontare con la stessa serietà di uno scienziato di fronte a un esperimento epocale. O raccontare con lo spirito di un esploratore ottocentesco, forse in Antartide, per cui il buon esito della missione, la sua testimonianza è possibile solo sulla pagina. Da qui l’urgenza e l’esattezza, la solennità a tratti ebraica della sua lingua. Un libro imperdibile di uno dei più recenti fondatori di discorso, a dirla con Roland Barthes».

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