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Intervista a Emanuele Atturo e Daniele Manusia

foto Atturo e Manusia

Abbiamo fatto una chiacchierata con i docenti dei corsi di scrittura e di editoria per scoprire qualcosa di più sui loro mestieri, le abitudini e i maestri che li hanno ispirati. E per sapere da loro perché frequentare un corso può essere davvero utile. 

Com’è nata l’idea di una rivista dedicata al mondo dello sport? E qual è stato il percorso che vi ha portato alla sua realizzazione?

Fondamentalmente era un periodo (sette-otto anni fa) in cui c’erano molti blog interessanti ma tutti con un taglio molto peculiare, noi volevamo aprire uno spazio che mescolasse analisi, racconto, ironia, commento. Quando è nato l’Ultimo Uomo è stato “così”, senza pensarci troppo, poi è cresciuto piano piano, pubblicando firme diverse e creando una linea editoriale sulla base dei nostri gusti e di quelli dei collaboratori più “stretti”. Per una serie di accidenti che ci hanno mantenuto dal punto di vista economico (collaborazioni, acquisizioni anche fortunate ma sempre motivate dalla qualità del nostro lavoro) abbiamo potuto sviluppare le nostre idee e adattarle al contesto di questi anni. La realizzazione, se c’è, sta nella continua evoluzione delle idee alla base della nostra motivazione.

Oggi l’Ultimo Uomo è diventato un punto di riferimento per gli amanti delle competizioni sportive, siete stati acquisiti da Sky Sport, il vostro corso di scrittura sportiva va a ruba. Come ci siete riusciti?

Avevamo idee semplici ma originali nel contesto del giornalismo sportivo italiano, siamo riusciti a sviluppare un metodo per farle resistere nel tempo e abbiamo avuto due grandi fortune: incontrare persone che hanno investito nel nostro progetto e, soprattutto, tanti autori che lo hanno arricchito. La cosa che – crediamo – funzioni del nostro corso di scrittura è che poniamo agli studenti domande che non si erano mai posti, provando a farli ragionare attraverso angoli che non avevano pensato. L’idea è fargli vedere una cosa che pensavano di conoscere bene, lo sport, sotto una luce che non avevano considerato.  Abbiamo ancora molto da fare, siamo un punto di riferimento meno di quanto vorremmo essere!

Giornalisti – Daniele ha anche esordito nella narrativa -, collaborate con diverse testate giornalistiche: la vostra scrittura è consacrata al mondo dello sport ed è in continuo allenamento. Vi sentite come Cristiano Ronaldo, cura maniacale del corpo e dieta ferrea?

Copertina di Daniele De Rossi o dell'amore reciproco

Be’ direi proprio di no. Nel senso che la scrittura è qualcosa che si impara e si esercita ma richiede una presenza di spirito che non è puramente “motivazionale” o “competitiva”. Bisogna essere curiosi, leggere molto e restare in contatto con la propria sensibilità. Poi entra in gioco anche il “mestiere”, ma il paragone con un esercizio puramente fisico rischia di far sembrare la cosa troppo meccanica, e anche le motivazioni sono diverse. Non è detto che Cristiano Ronaldo si diverta in palestra. Noi ogni volta che scriviamo, invece, sì. 

Vi riconoscete la creazione di un metodo di scrittura o di un modo nuovo di osservare quello che accade nei campi di gioco (o entrambe le cose)?

Abbiamo una voce molto riconoscibile, questo sì, ma abbiamo avuto diversi altri giornalisti e progetti editoriali, soprattutto esteri, che ci sono stati di ispirazione. Credo sia lo scenario del giornalismo, in generale e sportivo, che va verso una maggiore complessità, verso una richiesta di maggiore competenza, e noi stiamo solo provando ad adeguarci a questo scenario; quindi raccontare il contemporaneo con la complessità che richiede. Il calcio, per esempio, è sempre più professionalizzato e lo scollamento tra discorso comune e quello interno al mondo professionistico è sempre più marcato – al punto che persino gli ex giocatori non riescono più ad analizzare quello che succede. Noi vorremmo essere uno strumento divulgativo e di racconto tra quel mondo e quello dei tifosi e degli appassionati; in questo non credo ci sia niente di originale, è il lavoro del giornalista sportivo.

Perché pensate sia utile frequentare un corso di scrittura? E perché proprio il vostro?

Perché in questi anni abbiamo sviluppato un metodo di lavoro che può essere trasmesso. Non sostituisce l’ispirazione o il talento, ma permette di mettersi in contatto con la parte di sé che ha la sensibilità giusta per scrivere e, al tempo stesso, può dare degli strumenti, per quanto rudimentali, di lavoro. Il nostro corso mira da una parte a far capire, a “concettualizzare” il lavoro editoriale (quali sono i diversi tipi di pezzi, come si lavora un’idea, cosa è richiesto a uno scrittore sportivo oggi per non essere banale o superficiale, cosa si intende per competenza) e dall’altra a far scontrare gli studenti con dei problemi “pratici” sempre presenti per chi scrive di sport (come si cerca un punto di vista e come si lavora all’interno del testo restando in contatto con la materia di cui si vuol parlare, come si descrive un’azione, un gol, una partita, come si lavora un virgolettato etc.). 

Con l’aiuto fondamentale dell’editing, anche se in poche lezioni, speriamo che i partecipanti capiscano meglio non solo come funziona una redazione ma anche in che direzione vogliono portare la propria scrittura.

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