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Intervista a Vanni Santoni

Foto di Vanni Santoni

Pensi che si possa insegnare a scrivere? Da docente, cosa ti piacerebbe lasciare in dote alla tua classe?

Ho sempre creduto, e credo tuttora, che non si possa, letteralmente, “insegnare a scrivere”: la scrittura deve sgorgare dal profondo, incrociandosi con la tensione per la lettura, e in genere trova una prima palestra nelle riviste, vera e propria fucina di esordienti. È una vocazione che si tempra nella disciplina. Quello che si può invece fare è insegnare a pensare come uno scrittore, a leggere come uno scrittore, a organizzare le giornate come uno scrittore, a confrontarsi coi pari come fanno gli scrittori, oltre che a evitare subito gli errori tipici dei principianti, che sono quasi sempre gli stessi. Un’altra cosa che si può fare, e che ha una parte importante nei miei corsi, è lavorare direttamente sui testi, correggerli e commentarli dal vivo, mostrando cosa va e cosa non va, e perché.

Spero di lasciare ai miei studenti anzitutto il senso di quanta disciplina occorra per fare questo mestiere, sia nella scrittura sia nella lettura.


Il 7 maggio comincerà a Firenze «Iniziare un libro (e finirne uno iniziato)», un corso di scrittura bimestrale rivolto a chi vorrebbe portare avanti (o avviare seriamente) una narrazione completa, sia essa un romanzo, una raccolta di racconti o un testo di non-fiction narrativa. Prima ancora, il 29 e 30 marzo, porterai a Trento “Il romanzo da scrivere e quello da pubblicare”, un minicorso intensivo di scrittura romanzesca e di editing.

Ci racconti come è nata l’idea di questi corsi?

Ho cominciato a insegnare scrittura in concomitanza con l’inizio del mio lavoro di editor, pensando che i corsi avrebbero potuto essere ambiti interessanti in cui cercare nuovi talenti. Il corso fiorentino, che ormai ha preso la denominazione “classic” – siamo alla quarta edizione e registra sempre il tutto esaurito – è nato nella forma che ha quando mi sono accorto che in giro, tra gli aspiranti scrittori, non ci sono solo persone al grado zero della tecnica, come a volte si immagina, ma anche, e in gran numero, persone che, a fronte di un bagaglio già discreto, e in alcuni casi buono, di letture e di esperienze di scrittura, non sono ancora riuscite a mettere assieme le forze o gli strumenti per portare definiticamente a termine un romanzo o una raccolta di racconti: a volte hanno anche un inizio del testo, o un testo incompiuto, o delle parti che non sono riuscite a “mettere a sistema”, o ancora un testo completo che però intuiscono essere imperfetto, e gli manca ancora una spinta, o un indirizzo, per portarlo a compimento. È anzitutto a queste persone che si rivolge il mio corso, sebbene ogni anno in classe ci siano sempre almeno un paio di aspiranti autori del tutto digiuni di esperienze di scrittura, i quali si confrontano dunque con uno shock simile a quello dell’addestramento di Full Metal Jacket, e non è detto che sia un male. Del resto scrivere, se si scrive seriamente, è una cosa seria, e non ha troppo senso pensare che ci sia un livello “principiante” diviso da quello “expert”: è urgente andare quanto prima nella pancia del mostro, e punto.

Il corso intensivo, come quello che faremo a Trento, nasce originariamente nell’ambito dei festival letterari, dove si presta offrire una proposta formativa molto concentrata, su due giorni, a chi viene già agli eventi. Dato che in due soli giorni non si può dare altro che un’infarinatura, è sorta allora l’idea di darne due: una su lettura e scrittura e l’altra su editing e editoria, in modo da fornire una sorta di piccolo “crash course” su tutte le questioni principali che possono interessare un aspirante autore. E a volte può bastare anche quello, proprio perché, una volta sgomberato il campo da false credenze, pregiudizi e insicurezze, la scrittura, se c’è, può fiorire anche da sola.

Ci puoi raccontare le novità dei prossimi mesi, nella tua doppia veste di editor e di scrittore? Quali sono le prossime uscite della collana Romanzi di Tunué, di cui sei responsabile? Cosa ci attende, dopo i successi dei primi dodici titoli?
Stai per caso già scrivendo qualcos’altro, anche se il tuo ultimo romanzo, L’impero del sogno, è da poco uscito per Mondadori? Ci puoi anticipare qualcosa?

Per la collana Romanzi di Tunué ci sarà come al solito una primavera ricca: tra pochi giorni uscirà L’amore a vent’anni di Giorgio Biferali, a conferma della nostra linea principale, che è quella dello scouting e del lancio di nuovi talenti: debutterà a LibriCome e poi lo vedremo a BookPride e in molte date in giro per l’Italia, è un romanzo di grande sensibilità, costruito su una lingua che riesce a coniugare leggerezza e spessore letterario, mentre in concomitanza col Salone del Libro sarà la volta di Dimentica di respirare di Kareen de Martin Pinter, che torna al romanzo dopo l’esordio, cinque anni fa, con Mondadori, con un libro abissale e visionario, i cui diritti sono già stati venduti in Francia. Aggiungo solo un leak – due nostri titoli saranno in gara ai due maggiori premi letterari nazionali – anzi due visto che in autunno ci sarà una sorpresa piuttosto esplosiva nel nostro catalogo.

Per quanto riguarda la mia scrittura, il 2017 è stato un anno intenso, col successo della Stanza profonda, uscito a primavera, e questo Impero del sogno uscito a fine anno e che sta andando molto bene, nonostante i pregiudizi italiani contro il fantastico. Ho quindi interrotto le presentazioni per concentrarmi sulla scrittura di un grosso romanzo a cui lavoro da sei anni e rispetto al quale inizio finalmente a vedere della luce. È presto per parlarne, poiché con così tanto materiale non è mai scontato fare pronostici sulla fine effettiva dei lavori, ma parlerà di ritorni, e di certo sarà la cosa più lunga e dal più ampio respiro che abbia mai scritto.

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