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Itinerari Peculiari – Letture per riconquistare il vero senso del viaggio

itinerari di viaggio

La vera sfida di ogni viaggio: aprire anima, cuore e mente per oltrepassare sempre nuovi confini.

A cura di Bianca Martino, Lamberto Santuccio e Alberto Scalia, allievi del master Il lavoro editoriale, 2021.

Viaggiare e raccontare, due bisogni primari dell’uomo. Non a caso, la letteratura di viaggio ha origini antichissime e pensare di riproporne qui un percorso a ritroso, analizzando come questa tematica sia presente da sempre nel mondo letterario con mille e varie sfaccettature, sarebbe un’impresa gigantesca. L’intento di questo articolo però non è soltanto proporre libri sull’argomento, ma principalmente affrontarlo in modo diverso e tentare un ragionamento legato ai tempi difficili appena trascorsi e che purtroppo stiamo ancora vivendo.

Da Apollonio Rodio con le sue Argonautiche al primo resoconto di viaggio di Marco Polo (Il Milione), dal Viaggio in Italia di Goethe fino a opere come Microcosmi di Magris (Garzanti, 1997), tutti testi con un comune determinatore: la ricerca, l’arricchimento personale e culturale. Il desiderio del singolo di spostarsi, intraprendere un percorso, sperimentare, conoscere e forse accettare ciò che comporta un viaggio ha delle conseguenze anche sulla collettività. Viaggiare non è un atto individualistico; o meglio si può viaggiare soli, ma si va sempre incontro a qualcosa o qualcuno che aprirà i confini del nostro essere e del nostro mondo, per sconvolgerli o riadattarli. Ma se si pensa all’idea di viaggio oggi, si fa fatica a ritrovare i sentimenti che avevano spinto Ulisse a intraprendere la sua traversata o a rintracciare le motivazioni di Kerouac e Cassady lungo le strade americane. Oggi il concetto di viaggio non è più quello della scoperta, del percorso di crescita, dell’oltrepassare i propri limiti mentali, ma è visto più come un rifugio o una fuga dal mondo. L’uomo moderno non ama aspettare e per questo prende il mezzo più rapido, agli orari più convenienti, riesce a ricavarsi uno spazio in agenda per poter fare anche solo un paio di giorni con lo scopo di svagarsi e staccare la spina!

Le troppe possibilità hanno forse distrutto il senso antico e sacro di viaggiare? Quali sono gli amabili resti di questo errare moderno? Un selfie inviato dal cellulare, un souvenir con il nome della città, un post su Instagram e forse un po’ di sabbia rubata?

Il vero scopo di questo articolo è dunque provare a riproporre quei famosi interrogativi di cui parlava già Alain de Botton in L’arte di viaggiare (Guanda, 2010) perché si viaggia oggi e quale tipo di felicità se ne ricava. Dopo un periodo a dir poco amaro, che ci ha fisicamente rinchiusi in una metratura imprecisata, il desiderio del viaggio come quello della lettura si sono fatti più preponderanti. Ecco allora qui proposti una mezza dozzina di titoli che trattano la tematica in modo conformista e non, nella speranza che tutti possano tornare a gustarsi e ad apprezzare la lentezza di un treno regionale, magari leggendo una di queste opere, viaggiando sia fisicamente che con lo spirito e l’immaginazione.

IN PATAGONIA – BRUCE CHATWIN – ADELPHI, 1977- 2003 – 264 PAGINE

«Il libro simbolo di tutti i viaggi», recita la quarta di copertina del capolavoro di Chatwin. Romanzo di viaggio, reportage, diario di bordo, le etichette non donano all’autore e men che meno a un libro di questa portata. Per leggerlo bisogna entrare nell’ottica del vagabondaggio vero e proprio: incontrare imprevisti, non conoscere sempre la rotta da intraprendere, fare delle pause e avere fiducia nei luoghi e negli incontri. Un libro lento, che va assaporato, niente a che vedere con un last-minute di Ryanair.

In Patagonia è un viaggio deciso nel 1973 a Parigi durante un’intervista, anzi forse prima, nel 1950 a Sheffield (a casa della nonna di Chatwin in cui veniva conservato «un pezzo di brontosauro» inviato da un suo antenato) e infine compiuto nel 1974. Zaino in spalla, su mezzi di fortuna per conoscere finalmente quella terra tanto sognata, da Buenos Aires alla punta estrema, quella famosa Terra del Fuoco di cui Francisco Coloane fa un sensazionale affresco nel libro omonimo. Chatwin opera una scrittura in itinere, un work in progress continuo, per presentare al lettore l’andamento dell’errare di un viandante o di un vagabondo. Pagina dopo pagina, incontro dopo incontro, aneddoto dopo aneddoto, egli arriva a raccogliere un insieme di informazioni preziose sugli abitanti di quelle terre tra Argentina e Cile, sulla storia di quei territori e sulle leggende e le tradizioni che le caratterizzano. Il velo di Maya viene lentamente sollevato; la Patagonia vista durante la Guerra fredda come rifugio ideale, viene colonizzata e antropomorfizzata da nuovi popoli (italiani, olandesi, scozzesi), tutti coi loro usi e costumi, ma soprattutto con i loro sogni e ideali. Terre, al contempo, di passaggio e di sedentarietà, perfette per i nomadi che decidono di abbandonare i confort della vita e riadattarsi alla natura. Con la sua prosa asettica, quasi arida come alcune delle terre perlustrate, però al contempo estremamente fluida e d’impatto, Bruce Chatwin regala al lettore la vera sfida di ogni viaggio: aprire anima, cuore e mente per oltrepassare sempre nuovi confini. L’ennesima testimonianza del fatto che il viaggio lo fanno le persone e non i luoghi.

533. IL LIBRO DEI GIORNI – CEES NOOTEBOOM – IPERBOREA, 2019 – 234 PAGINE

Le pagine di Cees Nooteboom sono tappe di un viaggio inarrestabile fra Giappone, mondo arabo e le meraviglie di quella Penisola Iberica che mai nessuno ha saputo dipingere con tocchi così precisi come nel suo Verso Santiago (Feltrinelli, 2001). Viene definito l’artista dell’ecfrasi, per la sua capacità di illuminare sul foglio i colori di una chiesa romanica o l’arabesco di una scritta araba in Iran con una precisione che mozza il fiato. Ma col suo 533. Il libro dei giorni il grandissimo scrittore olandese, da anni giustamente in odore di Nobel, ci consegna una lezione differente: non più la necessità dell’incontro e decodifica di altre culture, bensì la possibilità (altrettanto preziosa per i nostri tempi) di viaggiare comodamente seduti nel proprio salotto. Lungo tutto questo libro, «uno strumento» come si legge «per trattenere di tanto in tanto qualcosa del flusso dei pensieri», Nooteboom infatti non abbandona mai l’esiguo steccato della sua casa di Minorca, regalandoci un viaggio tutto intorno al suo giardino potente e sbalorditivo. La casa spartana si allarga a vista d’occhio come dentro una diavoleria di specchi, riempiendosi di oggetti (e libri, soprattutto libri). Quali dunque le coordinate dentro cui si snoda questo itinerario? Da una parte i piccoli fiori di un cactus, dall’altra una sonda spaziale giunta al limite del sistema solare. Quale il contenuto? Poeticamente – ma in maniera tanto concreta da sbalordire – tutto ciò che è compreso fra i due poli sopra citati.

UN ALTRO GIRO DI GIOSTRA, VIAGGIO NEL MALE E NEL BENE DEL NOSTRO TEMPO – TIZIANO TERZANI – TEA, 2018 – 578 PAGINE

«Viaggiare era sempre stato per me un modo di vivere e ora avevo preso la malattia come un altro viaggio: un viaggio involontario, non previsto, per il quale non avevo carte geografiche, per il quale non mi ero in alcun modo preparato, ma che di tutti i viaggi fatti fino ad allora era il più impegnativo, il più intenso».

In questo romanzo Tiziano Terzani narra con grandissima abilità il viaggio forse più complesso e profondo che ci possa essere: quello della resistenza alla vita. Un altro giro di giostra è un libro che parla sì di un viaggio fisico, tra l’Asia e l’America, ma anche di un viaggio interiore, alla riscoperta di cosa c’è dentro ognuno di noi. Sembra impossibile immedesimarsi in una storia simile, ma in realtà la penna astuta e leggera di Terzani permette a ogni lettore di porsi questa domanda, a qualsiasi punto dell’esistenza esso si trovi. Dopo la diagnosi brutale di un tumore, che sembra non lasciare molto spazio alla speranza, l’autore decide di fare quello che gli è sempre riuscito meglio: mettersi in viaggio alla ricerca di qualcosa o forse di qualcuno. Il libro ripropone questa accezione del viaggio come un’ennesima possibilità di intraprendere un percorso non solo fisico, ma anche spirituale, alla ricerca di risposte sull’esistenza. È un libro fatto di tappe non casuali, anzi ben scelte, dal Memorial Sloan Kettering Center a New York, passando per Ceylon, in cui si arriva sull’Isola della salute, o Honk Kong con i suoi funghi terapeutici, fino ad arrivare all’ashram indiano e alla penultima tappa, l’Himalaya. In questo errare continuo ci si imbatte in tradizioni antiche, credenze magiche, pratiche orientali dal qi gong al reiki, passando attraverso la letale medicina chirurgica moderna opposta a quella ayurvedica.

Perché queste mete? Perché questa scelta di allontanarsi dalla famiglia alla ricerca di un rimedio, nel quale neanche il cercatore stesso crede? Il lettore, riga dopo riga, si pone tali domande cercando intanto di stare al passo. La risposta è solo una e ricorda quella del protagonista del romanzo di Hesse, Der Suchende: c’è stato sempre e solo un modo di vivere per Terzani ed è viaggiando.

IN VIAGGIO CON ERODOTO – RYSZARD KAPUSCINSKI – FELTRINELLI, 2013 – 263 PAGINE

Non si dice forse che Heinrich Schliemann abbia trovato la mitica città di Troia basandosi sui versi del celebre poema omerico? Un’immagine talmente suggestiva da non permettere a nessuno di soffermarsi sulla sua veridicità. Ma in uno dei suoi libri più intimi, Kapuscinsky (autore fondamentale per comprendere cosa sia stato effettivamente il XX secolo) sembra testimoniarci un’esperienza simile. Chi lo conosce, sa che leggendo il più celebre reporter polacco si arriva sempre al fronte più caldo dei suoi tempi, fra gli eventi storici più rocamboleschi di tutte le latitudini e longitudini: l’Africa sporca di guerra, l’Iran nella sua regressione rivoluzionaria o le guerriglie dell’America Latina combattute nel cuore delle foreste. Nel suo In viaggio con Erodoto invece Kapuscinsky prova a spiegare la sua fascinazione per il testo del collega greco, sondando come i racconti contenuti nelle Storie, lontani migliaia di anni, siano stati il punto di partenza per il filo rosso della sua esistenza: il superamento e attraversamento delle frontiere. Riscrivendo i passaggi più peculiari delle vicende dell’antica Grecia, l’autore infatti si lascia andare a ricordi personali, primo fra tutti la lettura di Erodoto, e risale indietro nel tempo fino ai ricordi dell’infanzia ma soprattutto della giovinezza, quando le parole stampate gli diedero il coraggio, poco dopo la laurea, di abbandonare l’asfissiante Polonia per raggiungere, primo dei suoi numerosissimi viaggi, l’Estremo Oriente. Il libro, col suo alternare questi due filoni narrativi, non fa perno su nessi forzati fra la realtà delle guerre persiane e gli eventi cruciali che Kapuscinski ha conosciuto e raccontato; il prezioso nucleo del volume sta da tutt’altra parte. Si tratta in definitiva di una fondamentale presa di coscienza: i migliori viaggi (quelli fisici, svolti su aerei e testimoniati da biglietti obliterati o foto ricordo scattate) nascono spesso dalle pagine rilegate che teniamo accanto al letto, sul comodino.

NELLE FORESTE SIBERIANE – SYLVAIN TESSON – SELLERIO, 2012 – 253 PAGINE

“Oggi fa bel tempo: -15°”: si apre così la pagina del 14 marzo nel diario di Tesson, grandissimo autore francese contemporaneo. Una temperatura più che piacevole per la meta scelta, una capanna sulle rive del lago Baikal, nella Russia continentale e impervia, a centoventi chilometri dal più vicino centro abitato.  Nelle foreste siberiane è il diario di bordo di questo eremitaggio (così lo definisce l’autore stesso nella prima riga del volume), un imperativo esistenziale e un’esperienza estrema che Tesson si era riproposto di vivere prima di raggiungere i quarant’anni. Perché il viaggio, sembrano affermare gli eventi narrati, è anzitutto una pausa salvifica dal quotidiano o, ancor meglio, dalle coordinate rumorose, caotiche, disumane della vita occidentale. Lo testimoniano soprattutto le liste riportate nel libro: tra gli oggetti da mettere in valigia, oltre a canne da pesca, fiammiferi, una lampada a olio e guanti pesantissimi, ci sono libri (Lawrence e Kierkegaard, Camus e Schopenhauer, Mishima e Casanova) e risposte da cercare. “Mi sopporterò, io stesso? Posso, a trentasette anni, mutarmi come in una metamorfosi? Perché non mi manca nulla?” si chiede l’autore, tra dichiarazioni da vero misantropo e la minuziosa descrizione della giusta tecnica per pescare su un lago indurito da ghiaccio e gelo. Sacra lode all’isolamento, questo libro, che raggiunge le grandi vette esistenziali delle scritture della solitudine, con un ossessivo controllo dei gesti quotidiani che lo avvicinano ai diari dei mistici medievali o ai dolorosi (ma fondamentali) resoconti dei prigionieri in carcere. E le conquiste intellettive e sensoriali di queste pagine, anche quando si limitano alla formulazione delle domande senza trovare le corrispettive soluzioni ai busillis, assumono immediatamente un orizzonte universale, trasformandosi in un abecedario surrogato per tutti noi lettori, impossibilitati o troppo pavidi per ricercare, a migliaia di chilometri da casa nostra e privati di qualsiasi contatto umano, la giusta osservazione esterna sul nostro erroneo e superficiale quotidiano.

Il mondo della letteratura di viaggio è talmente multiforme, sfaccettato e colorato che non solo gli autori, ma anche gli editori ci regalano perle rare e biglietti a poco prezzo. Eccone il caso più originale e, ammettiamolo senza possibilità di replica, affascinante del panorama italiano.

THE PASSENGER – IPERBOREA

Nata nel 2018, la collana The Passenger – per esploratori del mondo, è un progetto editoriale della casa editrice Iperborea. Non si tratta di semplici guide turistiche, bensì di veri e propri compendi sociologici e geopolitici che raccontano nazioni e città.

Realizzata nel formato 16×24 e rilegata in brossura fresata, questa raccolta di libri-magazine si compone di articoli, reportage letterari e saggi narrativi perlopiù inediti o tradotti da altre riviste e inchieste.

I primi quindici numeri usciti fino a oggi sono stati dedicati a paesi come Svezia, Islanda, Polonia, ma anche a città quali Berlino, Parigi e Roma.

Le sezioni più interessanti di ciascun volume riguardano in particolar modo gli articoli che vogliono scardinare le credenze diffuse sui costumi degli abitanti dei diversi territori: si crede, ad esempio, che il sirtaki sia l’antico ballo tradizionale greco, ma in realtà è nato soltanto nel 1964 come coreografia per il film Zorba il greco;che il 40% della popolazione islandese creda ancora agli elfi o a creature nascoste, quando, secondo uno studio condotto nel 2006, la percentuale supererebbe il 70%; o che i giapponesi siano persone fredde, eppure basta accendere la TV per vedere personaggi pubblici e non singhiozzare incontrollabilmente.

Altra sezione che cattura subito l’attenzione del lettore è quella in cui viene data la parola ai numeri per cui è possibile scoprire che il Brasile è il secondo stato al mondo con più interventi di chirurgia plastica (ben 2,52 milioni solo nel 2017), mentre l’Islanda sarebbe la nazione più pacifica del pianeta e la terza con più bevitori di caffè, o, ancora, che il paese con più tatuati sia proprio l’Italia.

Inoltre, a conclusione di ogni volume vi sono utili consigli su film e libri e una playlist Spotify per accompagnare il lettore nel suo viaggio.

The Passenger non mostra unicamente le bellezze o le curiosità di ogni paese, ma anche le sue contraddizioni. Nazioni apparentemente perfette quali Svezia e Norvegia non sono esenti da difetti. È proprio nel volume dedicato alla Norvegia, probabilmente uno dei migliori e meglio riusciti, che si può analizzare, attraverso l’inchiesta di Adam Shatz, il clima sociale e politico in cui si è formato e radicalizzato Anders Breivik, autore del massacro del luglio 2011 in cui persero la vita settantasette persone, clima che dice molto di più di quanto i norvegesi stessi non vogliano ammettere riguardo il loro “idilliaco” paese. Stessa cosa dicasi per il modello di buon governo etico e giusto che la nazione promulga. Ma sotto la superficie di politiche ecologiche lungimiranti si celano numerosi paradossi come la gestione e la vendita delle risorse di petrolio, o gli allevamenti super intensivi di salmone, o ancora i secoli di soprusi ed emarginazione che ha dovuto subire la cultura dei sami, ora relegati nell’estremo Nord.

Oltre all’alto livello di scrittori, saggisti e giornalisti, Iperborea ha voluto puntare anche sulla veste grafica, affidandosi allo studio milanese TomoTomo, che ha saputo progettare ogni singola pagina in modo ben curato, grazie all’inserimento di foto d’autore, di splendide illustrazioni che accompagnano gli articoli e di infografiche precise e mai banali.

Infine, la scelta del marchio che accompagna la runa di Iperborea risulta azzeccata come simbolo del progetto editoriale: si tratta infatti di un corvo stilizzato, omaggio a Huginn e Muninn, i corvi servi di Odino, che, secondo la mitologia norrena, viaggiavano per il mondo per poi riferire al dio gli accadimenti alla fine di ogni giornata. Il progetto di The Passenger si presenta come un’audace ventata d’aria fresca all’interno del panorama editoriale italiano, in grado di aiutare a far evadere ogni tipo di lettore in tempi di limitazioni e isolamento come quello che pian piano stiamo riuscendo a superare.

Veniamo fuori dalla scrittura a sei mani di questo articolo con lo stesso stato d’animo di chi ritorna da una vacanza e rivede gli amici. Dietro lo schermo di un cellulare, ci lamentiamo perché le pagine dell’altro sembrano avere paesaggi più belli e interessanti delle nostre, lo invidiamo e progettiamo di andarci (di leggerle); poi torniamo al nostro, di viaggio, e avendolo condiviso ci sembra di carpirne una nuova faccia che avevamo percepito solo di sfuggita; infine, in un’estasi che ha del mistico, zittiamo Zoom e ci gettiamo immediatamente sul sito che fa al caso nostro, poco importa (oramai dovremmo averlo capito!) che si tratti di quello di una compagnia aerea o se, invece, è la schermata principale di Bookdealer.

E a voi che ci avete letto, buone letture e buon viaggio!

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