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LE STRADE DELL’EDITORIA

le strade dell'editoria

A cura di Carlotta Forni, Filippo Ghiglione e Alessandro Montagnese (allievi del master “Il lavoro editoriale” 2022)

PRIMA PUNTATA | Capitoli 1 e 2

Il panorama editoriale italiano è un mondo articolato e complesso, composto da tanti percorsi diversi — a volte anche bizzarri — che confluiscono nell’unico e più importante: l’atto di pubblicazione del libro.

Dall’arrivo del manoscritto in casa editrice al suo debutto, il libro diventa espressione materiale del mondo che l’ha generato; un piccolo parallelepipedo di carta che da un lato contiene i pensieri, le ansie, le aspettative dell’autore, e al contempo rappresenta anche tutta la filiera editoriale che ha partecipato alla sua creazione.

Siamo partiti da queste considerazioni per raccogliere le testimonianze di quattro professionisti che quotidianamente contribuiscono dietro le quinte alla nascita e alla vita del libro.

In questa puntata trovate le prime due interviste.

CAPITOLO 1

IL LETTORE EDITORIALE. INTERVISTA A ALESSANDRO MAZZINA

Per la prima tappa di questo percorso abbiamo bussato alla porta di Alessandro Mazzina, lettore editoriale con esperienza pluriventennale che ha contribuito alla comparsa di moltissimi libri di successo tra i quali le opere di Sarah Manguso, Jenny Diski, Tom Drury e Brian Panowich. Insieme a quello di lettore, ricopre il ruolo di consulente editoriale presso NN Editore.

Alessandro Mazzina

La figura del lettore editoriale è un ruolo cruciale all’interno del filone dell’industria letteraria, il primo contatto tra un manoscritto e la casa editrice. Questo comporta una grande responsabilità e attenzione nell’approccio alla lettura. Dopo tanti anni di esperienza, come si continua a nutrire quel brivido dato dalla consapevolezza di questa responsabilità?

Si acquisisce consapevolezza della propria professionalità nella prova costante del giudizio a cui si è sottoposti. Se il lettore editoriale non è più in grado di emozionarsi – nutrire quel brivido – significa che è arrivato il momento di cambiare mestiere. Il rischio peggiore è diventare cinici e robotici, macchine che fagocitano libri per un sistema fagocitante. Se il cuore smette di battere l’editoria cessa di esistere.

Per andare al cuore di una storia, riuscendo a comprendere cosa in un testo funziona e cosa invece no, ci vogliono diversi strumenti oltre a una grande capacità di osservazione. Senza voler curiosare troppo tra i suoi ferri del mestiere, quali sono gli elementi che cerca in un manoscritto perché funzioni e quindi possa essere preso in considerazione?

Calvino diceva che tre sono gli elementi che servono a stabilire se un libro c’è o non c’è: la lingua, la struttura e se il libro riesce a far vedere qualcosa, possibilmente qualcosa di nuovo. Aggiungerei anche che ogni libro dovrebbe avere la sua voce, un tono unico e inequivocabile che lo rende inconfondibile. Se l’autore non ha trovato una personale intonazione, la voce per raccontare la sua storia, il libro difficilmente riuscirà a parlare.

Ormai da diversi anni ha un rapporto continuativo di collaborazione con la casa editrice NN Editore. Quanto è importante per il suo ruolo, e tutte le sue sfumature, avere una relazione consolidata con gli editor e la casa editrice? E quanto influisce nella valutazione finale?

Avere un rapporto consolidato con l’editor e, nel mio caso, con l’editore stesso è fondamentale per svolgere al meglio il proprio ruolo. È dallo scambio continuo di informazioni che nascono stimoli e idee. Il lettore editoriale abbandonato a sé stesso è un lettore poco utile. Agli studenti dei miei corsi lo dico sempre: bisogna essere precisi, attendibili, efficaci, ma anche capaci di comunicazione e di entrare in contatto con i propri referenti. Iniziare a leggere testi per una casa editrice è un ottimo modo per fare i primi passi nel mondo dell’editoria, ma se si vuole definire la propria figura professionale, se si vuole andare avanti, non ci si può limitare solo a redigere un rapporto tecnico. Se si rimane nell’ombra come uno scrivano, si è destinati a scomparire.

Quello del lettore editoriale è sicuramente un ruolo interessante per chi vuole approcciarsi al mondo letterario da un punto di vista professionale, e può essere una porta di ingresso verso nuovi lidi. Ci può dare tre consigli per provare a iniziare questa attività e per essere un bravo lettore?

Il primo consiglio è di incominciare a valutare ogni aspetto dell’oggetto libro, dal titolo all’immagine in copertina. Frequentare le librerie e osservare con attenzione come sono esposti i libri è un ottimo esercizio. Conoscere i cataloghi degli editori, cercare di capire perché e come si è pubblicato un libro. Farsi delle domande sul mercato editoriale, conoscere le tendenze, individuare vuoti e bisogni; ci sono sempre dei buchi da riempire, domande da intercettare. Il lettore editoriale deve avere le antenne sempre dritte. E pensare, sempre, che dietro ogni libro pubblicato c’è stato un lettore editoriale che ha contribuito alla sua pubblicazione.

Il secondo consiglio è quello di non perdere mai la curiosità e di nutrirla in ogni modo possibile, non smettere mai di leggere e di cercare. Bisogna essere curiosi e affamati di vita per essere un buon lettore editoriale.

Il terzo, l’ultimo, è un consiglio spassionato che arriva da tanti anni di esperienza: non dimenticarsi mai di avere un corpo e una vita privata. Leggere tante ore al giorno tutti i giorni sfibra il tessuto muscolare, rovina la vista e ingobbisce. Un buon lettore editoriale, lo dico sempre – un lettore che vuole resistere – a un certo punto della giornata lavorativa deve essere capace di uscire dalle storie degli altri e rimpossessarsi della propria vita. Correre, camminare, incontrare amici; alzare la testa e allenare lo sguardo a prospettive diverse. Se dentro ogni libro c’è un viaggio, il lettore editoriale deve essere preparato a ogni genere di avventura.

CAPITOLO 2

L‘EDITOR. INTERVISTA A MARILENA ROSSI

Una volta valutato dal lettore editoriale, il manoscritto viene proposto in casa editrice e, dopo aver ricevuto l’approvazione dell’editore, inizia il lavoro sul testo vero e proprio. In questa fase, all’autore si affianca la figura dell’editor, che lo aiuta a evidenziare le criticità e lo supporta nella ricerca di soluzioni narrative che consentano di arrivare alla versione definitiva.

Marilena Rossi credit @ClaudioSforza

Per capire come funziona il mestiere dell’editor, abbiamo chiesto a Marilena Rossi, acquiring editor della narrativa italiana per Mondadori, di raccontarci la sua esperienza professionale. Marilena ha iniziato il suo percorso in Mondadori come lettrice editoriale e poi come text editor. Durante la sua carriera ha lavorato, tra gli altri, con Alessandro Piperno, Mauro Corona, Alessandro D’Avenia e Fabio Genovesi.

L’editor rappresenta una figura centrale del mondo dell’editoria; desiderato da molti e ottenuto da pochi, questo lavoro è fatto di equilibri, rapporti interpersonali, capacità di analisi, ma soprattutto della profonda consapevolezza che si sta intervenendo su un testo che appartiene ad altri. Cosa ha imparato maggiormente da questo mestiere?

A mio modo di vedere l’approccio al testo è anzitutto di ascolto. Cerco di fare sempre una prima lettura “di pancia”, il più spontanea possibile, da lettrice pura: per capire se quello che leggo mi colpisce. Nel momento in cui comincio a lavorare su un testo, l’intento con cui mi accosto è al contempo dialogico e maieutico. Dialogico nel senso che si costruisce uno scambio con l’autrice o l’autore in cui vengono messe a confronto le intenzioni di scrittura con ciò che è arrivato a me. Una volta che ci siamo intesi su questo punto fondamentale arriva la parte, diciamo così, maieutica: affiancare chi scrive affinché il testo dispieghi tutte le sue potenzialità.

Direi quindi che una delle cose fondamentali che questo lavoro mi ha insegnato è affinare la disposizione all’ascolto. E poi, nel momento della scelta, a fidarmi un po’ di più del mio intuito, senza voler sempre razionalizzare tutto.

Dal 2015 è acquiring editor della narrativa italiana per Mondadori, ovvero un editor che si concentra soprattutto sulla ricerca e l’acquisizione di manoscritti, ruolo che annovera tra le varie responsabilità quello di trovare da una parte voci in grado di dare nuovo “respiro” alla letteratura e dall’altra valutare la loro capacità di stare sul mercato. Ci sono, secondo lei, elementi comuni che determinano la pubblicazione di un libro?

Non direi che ci siano elementi comuni, se non il fatto che ogni libro che scelgo di pubblicare ha qualcosa che mi piace, che mi ha implicata, “chiamata”: si è reso in qualche modo memorabile. I modi in cui questo accade possono essere diversi: può dipendere dalla voce, oppure dalla plasticità dei personaggi, dalle emozioni che la storia suscita. Spesso è una felice combinazione di questi e altri elementi.

Accanto al mestiere di editor porta avanti da diverso tempo anche quello di docente di scrittura creativa in numerosi corsi. Immaginiamo che ognuno di questi corsi sia anche un’occasione di confronto con gli studenti, con i loro desideri, le loro storie e la voglia di condividerli con lei, in uno scambio di conoscenze. Qual è l’insegnamento più importante che trae da queste esperienze e come si incanala nel suo percorso professionale?

Mi piace ascoltare le storie che le persone hanno voglia di raccontare, mi interessa capire perché proprio quella storia, come immaginano i loro personaggi, il genere di esperienze che hanno avuto e in che modo saranno diversi alla fine. Trovo rigenerante la freschezza con cui si manifesta in alcune persone il desiderio di scrivere, e anche la varietà di progetti con cui posso entrare in contatto. Al centro c’è sempre l’ascolto, e il tentativo di affiancare e sostenere chi vuole scrivere quella storia, ponendomi in qualche modo come intermediaria tra il testo e chi l’ha scritto.

Ritornando al suo ruolo di editor sappiamo che uno dei maggiori rischi per chi si avvicina all’editing è sovrapporsi all’autore, intervenendo in maniera massiccia sul testo. Quali consigli può dare a chi vuole fare questo mestiere?

Sulla base della mia esperienza, il lavoro di editor non è molto compatibile con il desiderio di mettersi in mostra. È più un lavoro dietro le quinte, di servizio. Personalmente non ho mai creduto che gli editor siano aspiranti scrittori frustrati, mi sembrano due professionalità molto diverse: certamente complementari, perché l’editor è una sorta di lettore professionista, e ogni scrittore ha bisogno di un lettore, ma assolutamente non in competizione, altrimenti non avrebbe senso. Il consiglio che mi sentirei di dare a chi desidera fare l’editor – inteso più nella declinazione di desk editor in questo caso, cioè di intervento sul testo – è di mettere tutto sé stesso al servizio dell’opera: le proprie competenze, le esperienze di lettura, la sensibilità – cercare di intercettare l’indole di quel testo e la sua personale fisionomia, per poi far sì che gli interventi proposti puntino a farle emergere al meglio.

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